N.72, ANNO VIII, DICEMBRE 2010
Ranieri Salvadorini
Con il suo ultimo libro, Adriano Zamperini, esperto di psicologia sociale, aggiunge un altro importante, originale e inedito tassello a quella grammatica delle relazioni interpersonali di cui sta costruendo l'impianto scientifico. Gli ostracizzati sono il punto di osservazione privilegiato dall'autore - il sentire del singolo è decisivo per decifrarne le aspettative - e mostrano come il meccanismo dell'esclusione sociale si inscriva nella soggettività di ciascuno. Gli esseri umani, spiega Zamperini, da un lato sono spinti da continue pressioni sociali a valorizzare se stessi fino al mito dell'autosufficienza (in gergo: individualizzazione dell'individuo) verso l'ideologia del self made man, dove self va inteso qui in senso psicologico, come autonoma costruzione del sé; dall'altro lato, pressioni opposte li richiamano a una vita iperconnessa e altamente relazionale. Secondo l'autore, l'ostracismo è il termometro di questa schizofrenia, amplificata dall'evolversi delle nuove possibilità tecnologiche. Oltre ai meccanismi di spettacolarizzazione tipici della società egocentrica, anche la cultura, insiste Zamperini, veicola messaggi patologici; dai manuali per "non essere esclusi dalle chat" a quelli per "essere notati da", l'idea sottotraccia è sempre la stessa: "Si vuol far credere di poter possedere gli altri senza esserne posseduti".
Essere esclusi mette a repentaglio autostima, appartenenza, senso del controllo e l'esigenza di una vita significativa. Insomma, ferisce. Su questi aspetti Zamperini si sofferma a lungo perché, spiega, gli individui sono sensibili a come vengono percepiti dagli altri, così da sintonizzarsi di continuo sulle loro reazioni e i loro umori. Ecco che le strategie che mettono in campo per gestire questa sofferenza sono le più disparate e l'autore ne costruisce una vera fenomenologia: dai bambini marginalizzati a scuola sino ai "respingimenti" degli emigranti, passando per le situazioni più ordinarie nei luoghi di lavoro, in famiglia, in Internet. Il libro è chiuso da un'impressionante disamina della strage di Columbine, quando gli "ostracizzati diventano cattivi", la deriva alternativa a quella del servilismo: quando gli esclusi sono pronti a tutto, pur di farsi accettare.
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